TRIBUTO A GEORGE HARRISON

 

IL CONCERTO

IL NUOVO ALBUM DI GEORGE



George, ci sei
Salvo Pettinato


Esserci o non esserci…….ma non sto storpiando Shakespeare, sto parlando di George Harrison.
Ascoltando, tornato a casa subito dopo averlo comprato, il suo C.D. postumo, Brainwashed, io ho sentito che George c’era. C’era eccome, come sempre, da una vita, lì nella mia stanza…. e grazie a lui anche la mia stanza ha ripreso ad esistere. La mia stanza, ora che ho più di cinquant’anni e famiglia, in teoria non esiste fisicamente, è un luogo del mio immaginario, dell’intelletto e basta, che si è seminato tanto tempo fa . Ma la voce di George e lo spirito che essa ha determinato l’ha ricreata subito, la mia stanza, e con essa ha ricreato anche il senso di quando da solo arrivavo in capo al mondo in quel posto, senza uscire da casa, ma percorrendo i sentieri fatati che le note mi tracciavano sotto. Anche in quel giorno di Brainwashed, quindi, sono tornato ad essere profondamente “sempre io”, da solo ma in ottima condizione di sentimento, alla ricerca di qualcosa, in attesa forse di manifestazioni importanti ma invisibili della vita, e la sua voce e la sua chitarra me ne hanno trasmesse alcune, indistinte, impalpabili ma vive. Purtroppo, mi costa dirlo, vive più di quanto oggi lo sia lui. Dal punto di vista biologico soltanto, però, perché la vita che sin dal 1960 George ha generato nel mondo non solo non accenna a finire ma si rinnova ancora, continuamente, in grandi proporzioni, in tutti noi che lo abbiamo ancora dentro, intenzionati a portarlo con noi in tutti i viaggi che faremo d’ora in poi, compreso l’ultimo.


Farsi i capelli bianchi con dentro i Beatles non è un semplice stato di fatto, ma è una cosa piena di significato, persino perché poetica, dal punto di vista interiore, ed è una vicenda che si sviluppa fuori dal tempo, fuori dal mondo delle parole, dei fastidi, delle lotte, dei problemi. Non solo noi che “abbiamo già l’età”, perchè eravamo adolescenti già al tempo delle loro prime canzoni, ci siamo riusciti, ma il fenomeno è assolutamente presente e in atto con tutti quelli che, venuti al mondo anche tanto tempo dopo, attraverso la loro musica hanno delineato, esattamente come noi, i tratti della loro anima, la percezione della stessa, l’introspezione più delicata e personale, la capacità di autocontatto da far scattare anche quando gli affetti materiali, compreso quello di chi ti ama vivendoti accanto, si inceppano o perdono improvvisamente di vitalità o di credibilità. Gli angeli custodi che attraverso la musica i Beatles hanno fabbricato personalmente a milioni di noi restano tutti lì, continuano a guardarci nel senso più pieno e profondo della parola.
E George, per la sua evidente grande bontà d’animo, che tutti i suoi amici e conoscenti diretti, hanno sempre decantato in abbondanza e senza limiti, è forse l’angelo frutto dei Beatles di cui si tende a fidarsi di più, il paradigma della persona cara, di cui tutti sentiamo il bisogno o talora la mancanza. Sentirlo ancora al centro degli strumenti, mentre canta in un nuovo disco, è stata una delle risposte più intense che io potessi dare, a titolo personale, al fatto della sua scomparsa fisiologica, sì di quella parola che mette paura, “la morte”: una parola che forse dovrebbe essere trattata sempre con una apertura di mente e una capacità di pensiero più ampia d i quella che ci serve di solito. Proprio come quella che ascoltando George adesso, secondo me, viene in mente automatica.

Salvo

MARCO ZAPPA & FRIENDS
"TRIBUTE TO GEORGE HARRISON"